lunedì 22 novembre 2010

L'Aquila - 20 novembre 2010

L'Aquila, 9 aprile 2009, pomeriggio: una scossa fa tremare la terra per l'ennesima volta. Forte.

La paura riaffiora sui volti stanchi e disperati. Un'anziana piange dicendo: “Non finisce più! Non finisce più!”

È la prima immagine che mi torna in mente rimettendo piede in città.

Che non sia ancora finita te ne accorgi subito, quelle parole suonano profetiche.

Il 20 novembre del 2010 L'Aquila non è molto diversa da come si presentava un anno fa, immediatamente dopo il terremoto.

“Se non avessimo forzato i blocchi, se non ci fossimo portati dietro pale e carriole, ci sarebbero ancora le macerie per strada. Molte più di quante ce ne sono adesso” - dicono i ragazzi del 3e32.

Parlare con quelli del 3e32 è come farsi travolgere da un fiume in piena: hanno molte storie da raccontare e tanta voglia di narrarle, di far sapere quello che è successo a loro e alla loro città. Di far conoscere a tutti come L'Aquila sia stata stuprata dagli speculatori.

Rimbalzi da una all'altro, perché “questo te lo può spiegare meglio lui, l'ha seguito più da vicino. Sapere perfettamente tutto è difficile anche per noi, i fatti sono tanti”...

Il lavoro, anche quello di inchiesta, oltre che quello di rimozione delle macerie, deve essere per forza collettivo.

Il senso di comunità lo senti forte parlando con questi ragazzi. Forte come la voglia di riappropriarsi di ciò che è loro, della loro città.
Mentre fumogeni e cori riempiono il centro storico, ti rendi conto che quel disperato “Non finisce più!”, non è stato poi così profetico.

La disperazione è scomparsa dai volti. Sulle facce degli aquilani c'è dignità, voglia di riscatto, la convinzione che lottando insieme possono riprendersi ciò che è loro, quello che gli spetta.

Si sente ripetere spesso durante il corteo: “Questa città è l'epicentro della crisi”.

A distruggerla non è stato il terremoto, sono stati gli spiriti animali del capitalismo. Quelli di chi, contento per gli imminenti profitti, rideva mentre le scosse devastavano corpi e cose.

Sono gli stessi spiriti che ora abitano una città ridotta a fantasma di se stessa. Spiriti che un enorme rito collettivo cerca di scacciare. Anche riappropriandosi delle zone rosse, che almeno per un giorno non sono presidiate.

Durante il corteo l'esercito non c'era.
“Il governo non vuole farvi vedere come viviamo tutti i giorni” - dicono i ragazzi del 3e32.
Ma, per forza di cose, sono costretti a farci vedere come hanno ridotto questa città.

Una città che da epicentro della crisi è diventata il cuore di chi resiste, attraversata com'è da chi ha dato vita alle battaglie che in questi ultimi tempi si sono snodate per il paese. Dagli operai in lotta per difendere diritti e lavoro ai precari che combattono per ottenere diritti e dignità, da chi resiste a Terzigno a chi lo fa in Val di Susa, dal Veneto alluvionato a chi chiede verità e giustizia per la strage di Viareggio... Citarle tutte sarebbe impossibile.

L'importante è che, dal basso, a L'Aquila si sia raggiunta una sintesi: chi ha osservato e ascoltato ha capito quanto bestiali siano le logiche del profitto e che razza di bestie sono quelli che le propagandano. Ma ha capito anche la forza che si sprigiona quando le lotte si uniscono, quando, per amore e per dignità, cerchiamo collettivamente di riappropriarci di quello che ci spetta, di costruire percorsi alternativi.

Ormai è sera, il pullman riparte. Ha piovuto per tutto il giorno e siamo zuppi.

Da L'Aquila vado via con un sorriso amaro.

Ho visto tanti compagni in corteo. Alcuni stanno passando le pene dell'inferno, spesso inquisiti per fatti risibili. Per assurdi teoremi giudiziari che non si poggiano su alcuna base.

Un'accusa ricorrente, soprattutto dopo Genova 2001, è quella di “devastazione e saccheggio”.

Mi domando fino a quando saremo costretti a vivere in un paese che chiama “saccheggiatori” quelli che lottano per un mondo migliore, per difendere i beni comuni, e definisce “perbene” coloro che hanno devastato e saccheggiato i territori, i diritti e la dignità di milioni di persone che perbene lo sono davvero.

Probabilmente, se le lotte si unissero come è avvenuto qui a L'Aquila, un paese del genere avrebbe i giorni contati...

1 commenti:

spleen 29 novembre 2010 alle ore 02:11  

L'Aquila unisce l'Italia. Per fortuna. Forse siamo ad una svolta.
Bell'intervento.

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