mercoledì 14 luglio 2010

Moustakì

Alcuni uomini non piangono mai, ma non per questo sono insensibili.
Anzi, tutt'altro!

Solo che se calpesti certi vicoli, se attraversi certi quartieri, spesso non puoi permetterti di piangere: sarebbe una debolezza che potresti pagare, anche caramente.

Moustakì pare sia stato visto piangere solo tre volte.
Per una donna, per lo scioglimento di Lotta Continua, e quando un militante del Pci gli diede del fascista.
Non ebbe neanche la forza di menare le mani sentendosi apostrofare in quel modo, quel fascista che rimbombò nell'aria probabilmente gli lacerò l'animo. Lo indebolì.
Fascista a lui, figlio di un pescatore della Città Vecchia che era stato partigiano. A lui, diventato comunista ascoltando i racconti del padre e quelli che narravano delle rivolte nei vicoli di una Taranto ormai nascosta, ma non perduta.

Eppure Moustakì era uno che quando era necessario, le mani le menava. Eccome se le menava!
Raccontano che fosse capace di sollevare da solo una motocicletta...

Aveva imparato le arti marziali da un maestro vietnamita, forse in uno dei suoi tanti viaggi.
Arti marziali che gli sono state utili più di una volta.

A Reggio Calabria per esempio, quando i camerati bersagliarono con sassi e altri oggetti il corteo che seguì ai moti fascisti.
Non riuscì a resistere alla provocazione. Sfondò da solo il cordone dei sindacati, si infilò in un vicolo dove si nascondevano i fascisti e ne uscì dopo qualche minuto pulendosi le mani. Come in un film western...
C'è chi giura di aver visto una balla di fieno rotolargli alle spalle spinta dal vento.

O come quando un noto fascista locale, poi diventato sindaco, si presentò armato di pistola davanti alla sede di Lotta Continua.
Salvatore, questo il vero nome di Moustakì, uscì armato di piccone, inseguì il vigliacco scappato in macchina, lo raggiunse e gli conficcò il piccone nel cofano.
Forse anche per questo fu accoltellato a tradimento dai fascisti, ai quali non riuscì di ammazzarlo.

Ma non fatevi un'idea sbagliata.
Moustakì non era un violento. Tutti lo consideravano generoso, tenero addirittura.
Era lui a prendersi cura dei bambini durante gli appuntamenti nazionali di Lc. Una sorta di gigante baby sitter. E, ironia della sorte, Gigante era anche il suo cognome.

Il soprannome, invece, era dovuto alla somiglianza con un famoso cantante dell'epoca.

Salvatore sapeva anche cucinare, e bene: Isola perduta e Isla perdida furono i nomi dei ristoranti in cui lavorò. Il primo a Talsano, un sobborgo di Taranto; l'altro a Lima, in Perù.

Gli piaceva viaggiare e viaggiò tanto, soprattutto dopo lo scioglimento dell'organizzazione che era stata la sua vita e che la sua vita aveva trasformato, affrancandolo da un destino di miseria.

Si spostò dal Sud America alla Grecia, e chissà in quanti altri posti.

Si racconta che nei suoi viaggi lo accompagnasse una specie di pozione miracolosa: un olio prodotto dai pescatori di Taranto in grado di cicatrizzare e disintossicare. Dicono che in Grecia gli fu utile per curare un bambino e che un medico locale se lo fece regalare...

Moustakì è morto a Bologna nell'agosto del 2004. Al suo fianco pochi compagni, che lo hanno accudito mentre la malattia lo consumava.

Ma la sua memoria continua a viaggiare.
E' stato coprotagonista del libro Scirocco, di Girolamo De Michele.

A lui è stata intitolata la Palestra popolare del centro sociale Cloro rosso di Taranto, sgomberato il mese scorso da una giunta di centro-sinistra guidata da Sinistra, ecologia e libertà.

Chissà se tra coloro che hanno fatto sgomberare quel posto c'è anche chi diede del fascista a Moustakì... Sicuramente questa volta Salvatore non piangerebbe, menerebbe le mani!

[Ai compagne del Cloro rosso.
Ai compagni dei Comitati di quartiere Paolo VI e Città vecchia.
A chi resiste!]

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