venerdì 7 maggio 2010

Rivoluzione 2 - Il corteo, l'insurrezione

C'è chi dice che siamo dieci milioni, chi cinque, chi quindici...

Forse nessuno saprà mai quanta gente c'è davvero oggi per le strade di Roma. Ma tutti racconteranno quello che sta accadendo, probabilmente per sempre.

Milioni di corpi, odori e colori, uno accanto all'altro.

Spingono, li sento premere, siamo in tanti e stretti.

Non c'è un solo angolo vuoto in questa piazza né nelle vie intorno, forse neanche in tutta la città. Mi sento un tutt'uno con questa moltitudine, non solo fisicamente.

Probabilmente è in questo momento che capisco davvero cosa vuol dire il brutto termine coindividuo.

Ci sparano contro, pare che l'ordine sia giunto direttamente da Palazzo Chigi, lo stesso che stiamo assediando. A terra ci sono dei corpi.
Nella calca e nella confusione qualcuno cerca di soccorrere chi è stato colpito.

Vedo una ragazza portarsi le mani al volto e piangere, lo stesso fa un signore di mezza età che sfioro passando. Ma la maggioranza avanza, strappa le armi dalle mani che hanno sparato e gliele rivolta contro. Qualcuno spara, altri buttano le armi preferendo usare mani e bastoni, altri ancora si fermano: provano troppa repulsione per la violenza, anche contro gli assassini dei propri fratelli.

Dicono che sia stato chiesto l'intervento dell'esercito, ma qui circola la voce che non riescono a uscire dalle caserme assediate.  Molti soldati che ci sono riusciti pare si siano rifiutati di sparare sulla folla. Tanti di loro si uniscono ai manifestanti: hanno riconosciuto tra le facce  dei ribelli anche quelle delle loro madri, dei loro padri, delle loro sorelle e dei loro fratelli.

Non ci è ancora ben chiaro quello che sta succedendo e quello che potrebbe accadere. Molti stentano ancora a credere che stia avvenendo davvero.

Non è stata né una fiammata improvvisa né un'insurrezione minuziosamente organizzata.

Non dà ragione a Bakunin ma neanche a Lenin.

Nessuno è sceso in strada con l'intenzione di fare questo. Semplicemente è successo perché doveva succedere, perché il processo che si era innescato non poteva che condurci qui.

Le prime contestazioni erano cominciate l'anno scorso, ma si erano mossi solo quelli che erano stati toccati direttamente dai provvedimenti del governo. Soprattutto si erano svegliati gli studenti occupando strade e facoltà.

Sono stati loro ad aprire tanti spazi di discussione ed elaborazione che ora appaiono imprescindibili. Sono stati loro a creare i media alternativi che in poco tempo hanno acquisito più credibilità di tv e giornali.

Ora siamo qui, il presidente del consiglio pare stia per dimettersi.
Chiediamo anche le dimissioni del parlamento: è un boato.

Qualcuno parla di comitati di liberazione, sento chiedere come si traduce soviet in italiano.

Sembra che nello stesso momento tutti si siano accorti di essere precari, o che lo sarebbero diventati presto. E si sono ribellati.

La crisi è stata determinante, soprattutto quando sono cominciati i licenziamenti.
I prezzi sono alti e i redditi bassi o inesistenti.
Il corteo che ci ha condotto qui è stato convocato da una miriade di sigle, organizzazioni, associazioni e individui. Protestiamo contro il provvedimento che blocca i salari, privatizza le pensioni, taglia i fondi alla sanità, riduce il sistema sanitario nazionale a fornire i servizi di assistenza minima e, di fatto, obbliga chi vuole garantirsi un'assistenza sanitaria adeguata e una pensione a stipulare delle assicurazioni.

Chi non ha i soldi cazzi suoi.

Ma a spingere tanta gente in piazza non è stato solo questo.

Al provvedimento è collegata una norma che rende definitiva la separazione tra le classi in cui studiano i bambini italiani da quelle dei figli dei migranti.

Fino a poco tempo fa le norme razziste del governo avevano raccolto un discreto consenso. Spesso gli italiani credevano davvero a chi diceva che le condizioni di vita fossero peggiorate perché erano venuti gli stranieri a portare via il lavoro offrendosi per quattro soldi.

Ma quei due provvedimenti, collegati senza apparente logica, sembrarono rivelatori. Una logica c'era, ed era una logica che riduceva in schiavitù sia gli italiani sia i migranti.

Così per le strade di Roma ci siamo riversati in milioni: corpi neri, gialli, bianchi, rossi... e tutti incazzati.
Siamo finiti sotto il palazzo del presidente del consiglio senza averlo stabilito prima, solo perché ci è sembrato giusto farlo.

Adesso parlare di alternative non sembra più un'utopia.

(continua)

0 commenti:

Posta un commento


Blog sotto licenza Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Condividi allo stesso modo 3.0 Unported

Il template di Punco è liberamente ispirato a The Professional Template ideato da Ourblogtemplates.com

Back to TOP