Primo, gli operai, le puttane e il Pci
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Per lo storico Marc Bloch “ogni
generazione ha il diritto di narrare per prima la storia degli eventi di cui è
stata partecipe.” Primo Moroni è stato partecipe e fine
osservatore di una stagione di lotte durata oltre un ventennio.
Nato da un famiglia toscana emigrata in
Lombardia negli anni '30, alla fine degli anni '50 è cuoco, cameriere,
ballerino. Per sua stessa ammissione in quel periodo si reputa di "poca cultura", ma molto curioso.
Ascolta voracemente i discorsi degli
intellettuali che frequentano i ristoranti in cui lavora, legge molto. Gli
piacciono il cinema e il teatro. Considera il ristorante un luogo
privilegiato da cui osservare il mondo. Lavora in posti dove si siedono
industriali e puttane, operai e teatranti, manovali e intellettuali.
E' iscritto al Pci, ma è un comunista
anomalo.
A “La vita di Klim Samgin” di
Gorkij, che in quegli anni il Partito presenta come l’Opera socialista per
eccellenza, preferisce Steinbeck, Hemingway, Faulkner, Dos Passos, Sartre.
Si definisce stalinista, ma l’accezione
che dà a questo termine è molto diversa da quella con la quale viene
inteso attualmente. Per lui “stalinista" è sinonimo di “rivoluzionario”.
Quello che racconta Moroni è
importante per comprendere quegli anni.
Non narra semplicemente la sua
esperienza, cerca di interpretare gli eventi che ha vissuto. E pur
restando convintamente di parte,
la sua analisi non pecca di una critica che sovente diviene anche aspra.
Bloch e Moroni ovviamente non si sono
mai incontrati, ma c’è da pensare che lo storico avesse in mente persone
molto simili a lui mentre scriveva a proposito del diritto di ciascuna
generazione di narrare per prima la propria storia.
Moroni nei giorni del luglio '62 era
lì, in piazza Statuto a Torino.
La sua analisi dei fatti però, parte
dai
primi anni sessanta. Attraversa quanto avviene nel Partito
comunista e descrive i rapporti che si instaurano
tra vecchi e nuovi operai.
“Cominciammo a vedere le sezioni che
si popolavano di burocrati. Ovviamente erano più colti di noi,
perché venivano dalle cellule bancarie o da quelle delle assicurazioni” –
racconta Moroni a Cesare Bermani in un’autobiografia atipica, narrata
oralmente.
“Questi – prosegue - diventarono
rapidamente segretari di Sezione, perché erano più sgamati e più favoriti
anche per il loro modo di esprimersi”. E’ in quella fase che, secondo
Moroni, vengono emarginati (o si auto-emarginano) moltissimi quadri di
estrazione operaia. “Il loro linguaggio – dice - era
quello di un partito operaio comunista stalinista e si trovavano invece di
fronte questi impiegati delle cellule di assicurazione e delle banche che
usavano un linguaggio corrispondente alle trasformazioni del boom economico alle
porte e che mistificavano tutte le categorie.”
Le sezioni del partito, racconta,
smettono di essere il luogo in cui la vecchia
generazione di operai trasmette
conoscenze, tradizioni e cultura di classe ai
più giovani.
E’ una rottura storica secondo
Moroni, il momento in cui il Partito comunista smette di essere un’organizzazione di
classe.
Questo però, non impedisce che quelle
conoscenze vengano tramandate. A cambiare sono i luoghi dove ciò
avviene.
Luogo di trasmissione è ora la
fabbrica.
“L’idea della rivoluzione e del
cambiamento globale venne trasferita dai vecchi operai sotto forma di memoria
all’operaio-massa emergente nelle grandi fabbriche” - racconta Moroni.
Ma anche le grandi fabbriche del Nord
sono cambiate, al loro interno è diversa l’organizzazione della
produzione e si sono riempite di immigrati. Gli stessi che protestavano in quei
giorni di luglio del ’62 accanto a gente del Nord.
“Dopo la seconda grande immigrazione
dal Sud al Nord – racconta Moroni - la classe operaia fu meno razzista
della borghesia, perché i meridionali dimostrarono di sapere lavorare in
fabbrica. All’inizio c’erano degli sfottò, ma quando dimostrarono di essere in
grado di impadronirsi della fabbrica, del suo funzionamento, vennero stimati
come operai e gli venne trasferito dai vecchi militanti gran parte
dell’immaginario collettivo leninista rivoluzionario.”
E’ in fabbrica, suoi luoghi di lavoro
che secondo Moroni si creano legami stretti, fiducia reciproca e si
diffonde una cultura unitaria. Elementi che si noteranno nei giorni di piazza Statuto.
E sarà la prima volta che ciò avviene fuori dai luoghi di lavoro.
In piazza Statuto oltre agli operai
della Fiat ci sono sì “decoratori, falegnami, muratori, tessili”, ma la
loro coscienza, la loro cultura, è la stessa: quella che gli è stata
trasmessa dai vecchi operai del Nord sui luoghi di lavoro.
“L’operaio-massa – dice ancora
Moroni - aveva caratteristiche diverse dai vecchi operai, ma c’è stato lo
stesso un interscambio fortissimo. [...] Gli operai emigrati alla fine degli anni
Cinquanta hanno ricevuto l’immaginario e la cultura politica precedente,
altrimenti tra l’altro non si spiegherebbero gli slogan dell’Autunno Caldo
Sessantanove [...]. La complessa cultura politica degli anni Cinquanta non era
annullabile con una semplice operazione di vertice. Quegli operai
comunisti, sebbene emarginati nel Partito, trasmettevano memoria.”
Parla di operaio-massa Moroni, e lo fa
distinguendolo dai “vecchi operai”. Non è un caso.
Vuol dire che ha fatto proprie le
teorie operaiste, cioè quelle di quegli studiosi che per primi teorizzarono la
nascita di un nuovo soggetto sociale e cercarono di spiegare le ragioni per
cui era nato e le prospettive che ciò apriva.
Ma nel parlare di operaio-massa Moroni
non fa una cesura netta, anzi ne sottolinea gli stretti legami con gli
operai specializzati. Legami che sono culturali, di tradizioni e di sapere.
E’ un’interpretazione importante,
perché molto diversa da quella che molti (ma non tutti) operisti daranno in
seguito, quando cercheranno di descrivere quel nuovo soggetto sociale,
e le organizzazione alle quali darà vita, come estranee, al di fuori, della
storia e delle tradizioni del movimento operaio.
E oggi? Dove si trasmette il sapere di
classe? Quale soggetto ha preso il posto dell'operaio massa?
Forse un salto alla Calusca aiuterebbe
a comprenderlo, anche se non c'è più Primo...
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